La cultura del mondo, da sempre, si fonda su pilastri estremamente maschili, che inquadrano l’uomo come l’essere umano “perfetto”.
Sono molte le orme che il maschilismo ha impresso nel nostro sapere, un esempio semplice in cui ogni giorno ci imbattiamo, è l’universale maschile  presente nella nostra lingua (“tutti”).

Il grande divario nato tra uomini e donne nasce dallo storico paragone tra i due sessi, che ha sempre visto attribuire all’uomo capacità superiori rispetto a quelle della donna, dalle prestazioni fisiche a quelle intellettive, relegando a un ruolo inferiore nella società, nonostante non vi sia alcuna evidenza scientifica alla base di questa credenza. 

Nonostante i grandi sviluppi sociali e scientifici che si sono avuti nel corso della storia, la disuguaglianza di genere è ancora una piaga che abbatte la società del ventunesimo secolo.

La discriminazione di genere tocca quasi tutte le aree della vita di una donna, dalla disparità salariale, alla minor presenza nella classe politica o in ruoli istituzionali.

In questo articolo parleremo di:

  • Che cos’è la disuguaglianza di genere?
  •  La disuguaglianza di genere nel lavoro.
  • Come contrastare la disuguaglianza di genere.
  • L’impegno dell’Italia contro disuguaglianza di genere. 

Che cos’è la disuguaglianza di genere?

attenti alla disuguaglianza di genere

La disuguaglianza di genere in inglese chiamata gender gap, è il divario tra il genere femminile e quello maschile, visibile nei vari ambiti che toccano la vita quotidiana delle persone,  per citarne alcuni: lavoro, salute, istruzione, economia, politica.

La storia come precedentemente detto, mostra l’enorme disparità tra uomini e donne, che nel corso dei secoli si è perpetrato a danno di quest’ultime, libertà e diritti sono stati guadagnati dal genere femminile a seguito di molte battaglie, solo negli ultimi decenni.

Oggi viviamo in una società diversa da quella dei nostri bisnonni e il World Economic Forum ci mostra attraverso il Global Gender Report, le differenze stimate nei vari paesi.

disugualianza di genere nei diversi paesi

Nessun paese ha toccato  il valore 1 dell’indice di disuguaglianza di genere, rappresentativo della perfetta uguaglianza tra uomini e donne.
“Evidente, quindi, il” sintomo di una cultura ancora radicata nel maschilismo, che ha bisogno di lavoro, con politiche sociali ed economiche per arrivare al 2030 (obiettivo fissato dalle Nazioni Unite nella sua agenda) con un valore di perfetta uguaglianza.

Disuguaglianza di genere in Italia.

Il bel paese scivola nelle posizioni del Report sulla disuguaglianza di genere attestandosi in 76esima posizione.
Punto che colpevolizza il nostro paese e che ci porta in basso nella classifica rispetto agli anni precedente è la sfera lavorativa.

Uno dei più importanti  per il calcolo dell’indice, che vede la donna ancora poco attiva nella vita economica, per via della disparità salariale, dovuta all’ancoraggio della donna al ruolo di mamma-casalinga che porta una difficoltà a conciliare figli e levaro.

Nonostante la sfera lavorativa sia quella più carente, quella politica ed educativa risultano in linea con quelle europee, tenendoci ancora nelle top 100 dei migliori paesi.

La disuguaglianza di genere nel lavoro.

La disuguaglianza di genere lavorativa è quella più visibile quotidianamente da tutti. Se ci soffermiamo ad osservare bene i nostri ambienti lavorativi possiamo vederla ben chiara nei tanti piccoli momenti che avvengono sui posti di lavoro.

disuguaglianza lavorativa tra uomo e donna

Ma come siamo arrivati ad avere un divario così evidente?

Viaggiamo indietro nel tempo e impostiamo “tempo di destinazione” anni 50’.

Incredibile da credere, ma possiamo notare come la forza lavoro femminile sia  quasi inesistente, quasi perché le uniche donne che stanno lavorando sono le donne.

Un altro punto interessante è che, intorno a questi anni, il tasso di istruzione femminile è molto basso.

Poche donne hanno accesso a livelli più elevati “della società”, perché le considerazioni fatte dalle classi sociali del tempo, relegano la donna al ruolo di casalinga.. 

La donna inizia a ritagliarsi a fatica un piccolo spazio nel mondo del lavoro per poter contribuire con un salario, “seppur minimo”, alle spese della propria casa.
La fatica fu dovuta a una serie di fattori che è bene indicare per rendere più chiaro il contesto in cui ci troviamo:

  • scarsa istruzione femminile
  • raggruppamento nelle industrie femminili tradizionali
  • legalità del minor pagamento femminile
  • affidamento della prole alle mamme
  • visione negativa della donna al potere
  • concezione di una scarsa intelligenza.

Poi qualcosa è cambiato, le donne hanno iniziato a combattere per i loro diritti.

Intorno agli anni ’70 molte campagne di femminismo  incentravano la lotta  per ottenere diritti indiscutibili: : il voto, il divorzio, l’aborto.

Grazie alle loro faticose e gloriose battaglie, le donne hanno avuto accesso a nuove professioni, livelli di istruzione elevati e ruoli di prestigio. Molti muri sono stati abbattuti, molti ma non tutti.

Le donne partoriscono!

Da questa grande ovvietà, nasce la motivazione più importante che rende ancora elevato il divario uomo donna, facendo diventare l’atto di dare la vita una vera e propria forma di schiavitù, che vincolano la donna in quanto madre a dedicarsi ai figli.

disuguaglianza dovuta alla maternità

Secondo alcuni sondaggi effettuati in vari paesi, solo il 20% degli intervistati reputa che le donne debbano lavorare full-time, cosa nettamente diversa quando si parla di uomini.

Esiste una buona percentuale di persone nel mondo, che pensa che una madre non debba lavorare full-time, in quanto non è possibile curare tutte e due le realtà.

Per fortuna sono molti gli studi che sfatano questo mito, le madri in carriera sono più produttive delle donne senza figli in carriera, questo perché se anche il loro tempo è vincolato, il desiderio di lavorare e di poter stare con i propri figli è così grande che impiegano la metà del tempo massimizzando l’efficienza.

Come è possibile che nonostante questi studi la discriminazione di genere esista ancora?

“Facciamo un esperimento”. Prendiamo due soggetti, Adamo ed Eva.

Entrambi hanno la stessa carriera universitaria, esperienze di vita, attitudine al lavoro, selezionati per la medesima posizione lavorativa. Arrivati a 30 anni iniziano a pensare di avere un figlio.

Fino a qui tutto normale, esistono baby-sitter, tate, ogni soluzione che eviti ad Eva di abbandonare il suo lavoro.

Eppure esistono una serie di situazioni per le quali un genitore in casa è indispensabile, quindi diventa più probabile che Adamo ottenga una promozione, mentre dal lato opposto Eva deve rifiutare degli incarichi, per restare a case in quelle famose “situazioni”.


È qui che nasci la disuguaglianza.

Questo piccolo esperimento sociale, dimostrato dallo studio effettuato sulle disuguaglianze di genere di tipo salariale, ci fa comprendere come queste dinamiche siano all’ordine del giorno, intaccando la vita lavorativa delle donne, costringendole a una scelta vincolata “tra” lavoro e famiglia.

Come contrastarla?

Dopo la presentazione di questo scenario, forse l’uguaglianza di genere potrebbe sembrare una chimera, ma non è così, esiste un modo per poter realizzare l’obiettivo delle Nazioni Unite anche prima del 2030.

uomini e donne uniti contro la disuguaglianza

La Cultura della diversità!

L’obbiettivo della cultura della diversità è costruire un mondo sostenibile che rispetti specificità e diversità, costruendo ponti che colleghino uomini e donne, superando l’abisso della disuguaglianza di genere e delle altre forme di disparità.

Ad orientare la cultura non è più la rigida tradizione ma l’innovazione dinamica, che è in divenire e che si arricchisce con il confronto, capace di produrre allo stesso tempo conoscenza e valore.

Questa cultura della diversità che riduce le diseguaglianze aiuta a crescere e migliora la capacità di raggiungere obiettivi comuni. 

Nonostante la sua presenza nei tanti ambiti della nostra società sia ancora scarna, molte sono le ricerche che supportano questa cultura, i cui effetti benefici sono stimolo dell’innovazione, delle efficienze e dell’efficacia, della crescita sociale.

Islanda e Ruanda: Esempi di Diversity Culture.

donne e uomini uguali

La cultura della diversità può sembrare un sogno utopico, ma non è così, ci sono esempi concreti di come si è sta combattendo la disuguaglianza di genere nel mondo:

  • Islanda: le donne islandesi stufe della disuguaglianza di genere sui posti di lavoro, che comportava differenze di stipendio inaccettabili, sono scese in piazza in forma di protesta. Creando un movimento popolare, culminato con il primo presidente donna, l’aumento delle donne all’interno della politica ha permesso l’approvazione di una serie di leggi che iniziasse ad appiattire le differenze salariali. Tra queste, l’opportunità del “congedo di paternità” ha  permesso ai genitori islandesi di dividere i loro nove mesi di congedo parentale esattamente a metà, dando l’opportunità alle mamme di tornare a lavorare.

  • Rwanda: nello stato africano la carenza di popolazione maschile, dovuta alla guerra, ha costretto le donne a mettersi in gioco per poter portare uno stipendio a casa, sbloccando  una serie di posizioni lavorative prima inaccessibili alle donne, quali: forze dell’ordine, manager di società, imprenditrici.  La crescita delle donne all’interno delle varie realtà aziendali ha permesso anche una spinta politica, con l’ottenimento di cariche di stato importanti. Il Ruanda ha imposto l’obbligo di una minima quota rosa in ogni forma di governance.

Questi due casi studio sono una speranza per il futuro, perché ci fanno comprendere che non è impossibile ottenere una disuguaglianza di genere nulla.

Solo accogliendo le diversità, che le donne possono dare alle tante aree della nostra quotidianità, potremmo avere una crescita sociale esponenziale che nasce dall’unione delle donne e degli uomini, che insieme contribuiscono a creare un mondo migliore.

L’impegno dell’Italia contro disuguaglianza di genere.

L’Italia seppur indietro rispetto ai tanti paesi che nella classifica occupano posizioni migliori, sta cercando di aggiustare il tiro, rivedendo la sua politica in merito alla parità di genere. 

Grazie al lavoro del Parlamento e delle relative commissioni parlamentari, sono state istituite delle proposte di legge e degli emendamenti per tutelare i diritti delle donne e raggiungere la parità di genere. 

Infatti nella nuova legge di bilancio e nel progetto redatto per il Recovery Fund sono previste importanti misure per le donne tra le quali:

  • 3 Miliardi per l’assegno universale e servizi alla famiglia per l’anno 2021: allo scopo di contribuire con un sostegno concreto e che permetta una valorizzazione della famiglia.
  • Decontribuzione al 100% per chi assume donne : in via sperimentale per il biennio 2021-2022, estende a tutte le assunzioni di donne, effettuate a tempo determinato nel medesimo biennio, lo sgravio contributivo attualmente previsto a regime elevando dal 50 al 100 per cento la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro.
  • 20 milioni di euro per l’imprenditoria femmoinile: istituito il “Fondo a sostegno dell’impresa femminile”, con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, al fine di promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento dell’imprenditoria femminile.
  • Rinnovo bonus bebè: rinnovato per il 2021 l’assegno di natalità (Bonus bebè). L’onere per il riconoscimento del bonus bebè è valutato in 340 milioni di euro per il 2021 e in 400 milioni di euro per il 2022.
  • 4 miliardi per servizi sociali e 1 miliardo per asili nido: è stato incrementato il fondo di solidarietà comunale per il miglioramento dei servizi in campo sociale e il potenziamento degli asili nido per gli anni 2021-2030.

In aggiunta a questi provvedimenti, al fine di potenziare le attività di promozione della libertà femminile e di genere e le attività di prevenzione e contrasto alle forme di violenza e di discriminazione fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere e sulla disabilità, verrà istituito un Fondo per il sostegno della parità salariale di genere e un fondo per il contrasto alla discriminazione di genere. 

Tutti questi provvedimenti sono un grande contributo che l’Italia vuole fornire per porre la donna al centro della vita economica, ma da soli non bastano, c’è bisogno di innalzare l’occupazione femminile sia da un punto di vista quantitativo ma anche qualitativo.

Questo obiettivo è raggiungibile attraverso politiche attive del lavoro, migliorando le infrastrutture sociali, con  il potenziamento dei servizi di asili nido e per la prima infanzia. 

La disuguaglianza di genere limita il potenziale contributo delle donne alla crescita economica del Paese e la parità di opportunità e di diritti va realizzata contestualmente in diversi ambiti della vita economica e sociale:

dall’occupazione alla remunerazione, all’istruzione, al bilanciamento tra impegni familiari e lavorativi, fino a toccare il tema sfortunatamente ancora tragico della violenza di genere.

Conclusione.

ll mondo si sta iniziando a battersi per le donne. Il problema della disuguaglianza di genere, ormai è una delle priorità nell’agenda politica di molti stati, alcuni sono vicino a raggiungere il valore 1 indicato dal World Economic Forum, altri sono appena partiti dai blocchi di partenza, ma tutti quanti sono in moto verso l’abbattimento della disuguaglianza di genere.

Il contributo delle donne in tutti i campi diventa sempre più necessario, per potere avere una società lanciata verso un futuro di uguaglianza e di pari opportunità, con una crescita sociale ed economica che sia frutto dell’unione di donne e uomini uniti per il bene comune.

“Date alle donne occasioni adeguate ed esse potranno far tutto”

Oscar Wilde

Conosci altri esempi o soluzioni alternative per combattere la disuguaglianza di genere?

Scrivi nei commenti, per condividere i tuoi suggerimenti e idee.

Se questi temi ti sono piaciuti e ti hanno incuriosito, ti invito a continuare a leggere due articoli sul nostro sito legati a fenomeni che contribuiscono ad alimentare la disuguaglianza di genere:

·         body shaming

·         Hate speech


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Matthias Messina
Matthias Messina

Studente di economia, Jr. Accountant, lettore appassionato e curioso perenne.
Sono attratto da ogni cosa che stimola la mia creatività e che mi permette di crescere come persona.
Scrivo per dare il mio piccolo contributo in questo mondo.